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A portata di mano

Il cambiamento in psicoterapia
La storia dell’aragosta e la paura di cambiare

Tanto tempo fa, quando il mondo era stato creato da poco, una certa aragosta decise che il Creatore aveva fatto un errore. Così fisso un appuntamento per discutere con Lui la questione. “Con tutto il dovuto rispetto” disse l’aragosta “vorrei protestare per il modo in cui hai disegnato il mio guscio. Vedi, non appena mi abituo al mio rivestimento esterno, ecco che devo abbandonarlo per un altro scomodo, e oltretutto è una perdita di tempo”. Al che il Creatore replicò: “Capisco, ma ti rendi conto che è proprio il lasciare un guscio che ti permette di andare a crescere dentro un altro?”. “Ma io mi piaccio così come sono!” disse l’aragosta. “Hai proprio deciso così?”, chiese il Creatore. “Certo” rispose l’aragosta. “Molto bene”, sorrise il Creatore, “d’ora in poi il tuo guscio non cambierà e tu continuerai a essere così come sei ora”. “Molto gentile da parte Tua” disse l’aragosta e se ne andò.

L’aragosta era molto contenta di poter continuare a indossare lo stesso vecchio guscio ma giorno dopo giorno quel che prima era una leggera e  confortevole protezione cominciò a diventare ingombrante e scomodo. Alla fine arrivò al punto di non riuscire neanche più a respirare dentro il vecchio guscio. Allora, con un grande sforzo, tornò dal Creatore. “Con tutto il rispetto”, sospirò l’aragosta, “contrariamente a quello che mi avevi promesso, il mio guscio non è rimasto lo stesso. Continua a restringersi sempre di più”. “No di certo”, disse il Creatore, “il tuo guscio potrà essere diventato più duro col passare del tempo ma è rimasto della stessa misura. Tu sei cambiato dentro, all’interno del guscio”. Il Creatore continuò: “Vedi, tutto cambia continuamente. Nessuno resta lo stesso. È così che ho creato le cose. La possibilità più interessante che tu hai è quella di poter lasciare il tuo vecchio guscio , quando cresci”. “Ah…capisco!” disse l’aragosta, “ma devi ammettere che ciò è abbastanza scomodo”. “Sì”, rispose il Creatore, “ma ricorda…ogni crescita porta con sé la possibilità di un disagio…insieme alla grande gioia nello scoprire nuovi aspetti di se stesso. Ma non si può avere l’una senza l’altra”. “Tutto ciò è molto saggio” disse l’aragosta.

 “Se permetti, ti dirò ancora qualcosa”, disse il Creatore. “Ogni volta che lascerai il tuo vecchio guscio e sceglierai di crescere, coltiverai una forza nuova dentro di te. E in questa forza troverai una nuova capacità di amare te stessa e di amare coloro che ti sono accanto, di amare la vita stessa. È questo il mio progetto per ognuno di voi”. 

(Tratto dal libro “Seminari clinici” di M.Novellino)

Aiutare figli vittime del Bullismo

Aver saputo che vostro figlio è soggetto ad atti di bullismo è sicuramente una esperienza stressante e dolorosa. È naturale per un genitore provare sentimenti di rabbia, confusione e colpevolezza.

I nostri figli sono però molto bravi nel nascondere i loro sentimenti e allora vediamo come poter capire la presenza di un problema reale:

  • Uno dei primi sintomi è il rifiuto di andare a scuola 

  • Il bambino/ragazzo rientra dalla scuola con tagli e leggere ferite o i vestiti rovinati

  • Il nostro bambino/ragazzo non possiede più i suoi oggetti preferiti che portava a scuola

  • Il nostro bambino/ragazzo non giustifica come ha speso la sua paga settimanale

  • Il nostro bambino/ragazzo ha smesso di frequentare i suoi amici di sempre

  • Il nostro bambino/ragazzo è spesso nervoso o al contrario troppo silenzioso e riservato

  • Il nostro bambino/ragazzo è aggressivo verso fratelli o sorelle

  • Il nostro bambino/ragazzo non vuole uscire da casa

  • Il nostro bambino/ragazzo non va più bene a scuola

  • Il nostro bambino/ragazzo soffre di insonnia e ansia

Come prepararsi al problema:

La cosa peggiore da fare è reagire in modo spropositato e andare a scuola con sentimenti di rabbia perdendo le staffe.

Se vostro figlio è piccole e pensate che sia soggetto a bullismo, ma ancora non ne siete certi, chiedete, fate delle semplici domande:

  • Che tipo di attività i bambini hanno fatto a scuola nel giorno interessato

  • Hanno fatto qualcosa che è loro piaciuta?

  • Hanno fatto qualcosa che non è loro piaciuta?

  • Con chi hanno giocato?

  • Che tipo di giochi hanno fatto? Si sono divertiti?

 Se vostro figlio è un po' più grande, potete chiedere:

  • Cosa hanno fatto i bambini durante la pausa pranzo?

  • Tra i bambini, c’è qualcuno che vostro figlio vorrebbe invitare a casa?

  • Esiste qualche materia o lezione a scuola che non piace a vostro figlio?

  • Esiste qualcuno a scuola che non piace a vostro figlio, e perché?

  • Chiedete al vostro bambino se non vede l’ora di andare a scuola l’indomani

Come esporre alla scuola il problema di vostro figlio:

  • In primo luogo, nelle scuole elementari, parlatene con la maestra e spiegate le vostre preoccupazioni in maniera equilibrata; chiedete se il vostro bambino si trova bene nella classe e con gli altri bambini, quindi affrontate il problema di un possibile conflitto tra il vostro bambino e altri bambini. 

  • Chiedete alla maestra/o se hanno notato il vostro bambino infelice e isolato/a dal resto della classe nei giochi o nelle normali attività scolastiche.

  • Chiedete all’insegnante se possono imporre un controllo nella situazione in maniera delicata ed imparziale.

  • Nelle scuole secondarie a volte gli insegnanti possono non essere coinvolti nelle attività extra-scolastiche dei ragazzi e pertanto possono non essere al corrente di eventuali situazioni di bullismo. Pertanto parlandone con l’insegnante si può agevolare il corpo scolastico nel capire eventuali problemi e generare positive soluzioni.

  • Un miglioramento della situazione può avvenire con l'aiuto dei genitori attraverso l’invitare a casa propria, come ospiti di vostro figlio, la sua cerchia di amici, in modo tale che vostro figlio possa instaurare un’amicizia più forte.

Cosa fare se l’azione di bullismo continua:

  • Tenete o fate tenere a vostro figlio un diario dove annotare gli episodi di bullismo.

  • Scrivete una lettera di preoccupazione al preside spiegando che il problema non si è risolto e chiedete che la vostra lettera sia registrata nei documenti della scuola.

  • Suggerite un limitato contatto tra il vostro bambino e colui o coloro che effettuano il bullismo e chiedetene il continuo monitoraggio.

  • Le scuole hanno il dovere di assistervi in questi casi e un loro disinteresse può causare seri problemi alla scuola stessa, fatelo presente nei documenti ufficiali.

Parlare di emozioni al bambino: il circuito dell’empatia e dell’ascolto

Le emozioni sono presenti nella vita di ogni singolo individuo e svolgono diverse funzioni; sono come bussole attraverso le quali possiamo orientarci nel mondo sia interno che esterno. In particolare può capitare di inserire il pilota automatico che spinge ogni individuo a compiere azioni spesso scontate, automatiche e senza riflessione. È importante pensare a come poter imparare a gestire le emozioni, in quanto esse sono utili, innate, presenti nella nostra vita. Le emozioni sono stati mentali e fisiologici associati a modificazioni psicologiche, a stimoli interni o esterni, naturali o appresi; esse sono innate, universali e caratterizzate da tre componenti: 

• fisiologica (sudorazione, battito del cuore, tremore, nausea, cefalea...); 

• comportamentale (cambiamento nella postura, tono della voce, espressione facciale..); 

• cognitiva ( pensieri e componenti di autoregolazione). 

Le emozioni primarie o di base sono:

la felicità, la paura, la rabbia, la tristezza e il disgusto. 

Nessuna di esse è giusta o sbagliata, utile o meno, sono tutte importanti e nessuna è positiva o negativa perché dipendono dalla capacità di riconoscimento e dalla loro gestione. 

Se pensiamo ad esempio alla paura, essa ci informa sul fatto che qualcosa ci sta spaventando, così come la rabbia ci informa sul fatto che qualcuno o qualcosa ci ha invaso. 

Le emozioni ricoprono una funzione evolutiva, cioè di sopravvivenza, in quanto ci espongono alla possibilità di reagire a stimoli immediati, una funzione relazionale perché comunichiamo qualcosa a qualcuno, ed infine la funzione di autoregolazione di sé. 

L’ambiente di vita ha una funzione essenziale: incide sulla gestione delle emozioni. Ci sono ambienti familiari che possono favorire o meno l’espressione di alcune, una o tutte le emozioni. 

Ad es., se a casa non è tollerata la rabbia, il bambino impara fin da piccolo a non riconoscerla e a non manifestarla, ma essendo innata essa è presente e lo sarà sempre. 

È importante quindi accogliere le emozioni per poterle gestire, agendo esse e non facendosi governare. 

Come si possono gestire le emozioni?

La gestione implica un processo di consapevolezza nel quale ci sono alcuni passaggi importanti e fondamentali: 

  • dare un nome all’emozione; 

  • sentire dove la sentiamo nel corpo (sensazione); 

  •    non cavalcare l’onda dell’emozione e aspettare che il livello di attivazione sia più basso, dunque facciamo passare del tempo, scrivendo, raccontando a qualcuno, dipingendo, facendo sport; 

  • solo successivamente potremo riconnetterci all’emozione per renderla utile e positiva, perché anche la tristezza dipende da come viene utilizzata, in quanto ci indica che stiamo soffrendo e sentiamo una mancanza, dunque la sua è una funzione anche evolutiva. Le emozioni sono collegate ai bisogni; dunque la consapevolezza di essi ci consente di agire l’emozione, non di reagire ad essa. La gestione delle emozioni è indispensabile per poter sentire di non esserne invasi; inoltre le emozioni dicono molto di ogni individuo, perché richiamano spesso i valori e le cose che sono significative. Esse sono collegate ad alcuni bisogni fondamentali che abbiamo e che è fondamentale avere chiari per valutarli e, se possibile, realizzarli. 

In che modo parlare di emozioni?

Esistono diverse metodologie per lavorare sulle emozioni, una di queste è la narrazione. 

Fin dal concepimento, i bambini provano piacere nell’ascoltare la voce dell’adulto che racconta. 

Raccontare delle storie permette di creare con loro un rapporto di speciale intimità e intensità. 

Leggere ai bambini storie in cui i protagonisti ( animali o personaggi di fantasia) provano, vivono, affrontano ed esprimono emozioni, permette loro di identificarsi e adottare le strategie che il protagonista utilizza per risolvere determinate situazioni, assumendo le sue caratteristiche comportamentali. Tramite le storie il bambino impara a creare collegamenti tra il proprio vissuto e gli avvenimenti raccontati.

A cosa serve e come fare?

  • Comunicare i propri stati d’animo e riconoscere quelli altrui aiuta e favorisce la relazione interpersonale e rappresenta un significativo prerequisito della competenza sociale. Una buona “alfabetizzazione emotiva” gioca un ruolo importante nello sviluppo armonico della personalità; Parlare con i bambini di ciò̀ che li spaventa e li angoscia non è facile, è importante dunque che l’adulto non parta da un punto di vista troppo ristretto, rischiando così di proiettare sul bambino le proprie emozioni e le proprie visioni del mondo, impedendogli di esprimersi liberamente; 

  • Un errore che gli adulti commettono frequentemente è quello di essere troppo diretti e invasivi. 

Educare all’espressione di emozioni e ai sentimenti porta all’espressione di sentimenti positivi, sensibilizza al ‘sentire’ dell’altro, permettendo di sviluppare empatia e senso di responsabilità e così,  aiuta a raggiungere la maturità affettiva e relazionale.

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